verdi del trentino
  scuola di formazione politica e culturale ALEXANDER LANGER
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Trento, sabato 27 febbraio 2016
Relazione di Mario RAFFAELLI
su
EUROPA, MEDIO ORIENTE E AFRICA
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rassegna stampa


la testata del quotidiano il Trentino

testata del quotidiano Corriere del Trentino

testata del giornale l'Adige


Trento, 29 febbraio 2016
RAFFAELLI: «CONTROLLI EFFICACI AI CONFINI»
Ma l’ex sottosegretario aggiunge: «L’immigrazione va gestita, però è utile e inevitabile»
dal Trentino di lunedì 29 febbraio 2016
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Trento, 28 febbraio 2016
«PROFUGHI, RIPARTIRE DALL’INCLUSIONE»
Raffaelli alla Scuola Langer: «Schengen non può essere toccato, è costitutivo dell’Ue».
«La profezia di Fukuyama sulla pace si è rivelata fallace».
«Occorre ripartire dalla politica»

dal Corriere del Trentino
di domenica 28 febbraio 2016
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Trento, 28 febbraio 2016
SCUOLA LANGER
Governare l'immigrazione

da l'Adige di domenica 28 febbraio 2016

M olti pensano che la situazione mondiale, in termini economici, politici e sociali, stia evolvendo verso il caos. Dall'Isis alla guerra siriana, dagli imponenti movimenti migratori alla crisi del clima, per finire con la situazione economica che non dà adito a previsioni rosee. A ciò si aggiunga che dal 1945 ad oggi, per la prima volta l'anno scorso l'indice dei Paesi che «crescono in democrazia» ha conosciuto un'inversione di tendenza. Perché? «Perché stiamo attraversando un periodo di transizione epocale - ha risposto Mario Raffaelli alla Sala Rosa della Regione, ieri, - che ha aperto scenari non necessariamente positivi per il futuro. C'è quindi bisogno di razionalità e di informazioni precise per proporre delle soluzioni».

Raffaelli, deputato socialista per quattro legislature dal 1979, sottosegretario agli Esteri e poi per anni e sino oggi impegnato per istituzioni internazionali e/o italiane nella politica internazionale (dal Mozambico alla Somalia, dal Nicaragua al Nagorno-Karabakh) parlava ieri in qualità di ospite della Scuola di formazione politica e culturale Alexander Langer (introduzione a cura di Roberto De Bernardis ). «Problemi complessi e globali - ha premesso Raffaelli, con De Gasperi e Kessler uno dei grandi politici trentini del dopoguerra - vanno risolti con risposte complesse e globali». Non con la paura o con i populismi che mirano alla pancia del popolino e che non hanno soluzioni possibili nella testa. 

Quali i problemi maggiori dei nostri giorni, a cui ha rivolto la sua attenzione Raffaelli? Gli imponenti flussi migratori e la grande conflittualità, distribuita in molte parti del mondo, che con più virulenza sta attanagliando aree geografiche abitate da popolazioni islamiche. 

«Ma non facciamoci prendere da smarrimento e paura. L'anno scorso 60 milioni di persone hanno cambiato Paese nel mondo. Solo 1,5 milioni sono entrate in Europa. Anche se il salto è stato repentino, dalle 250.000 entrate dell'anno precedente». E un primo punto fisso della sua analisi: «Si tratta comunque di un problema che interesserà i prossimi decenni: non contingente ma strutturale. Legato peraltro a situazioni di conflitto. Il tema sarà quello di governare la migrazione». Che ha effetti anche positivi, si pensi al mercato di lavoro: nella sponda Sud del Mediterraneo c'è un'ampia fascia di popolazione trentenne, mentre nella sponda Nord sono molto più numerosi gli over 60. 

«Ci sono e ci saranno momenti di emergenza, punte alte che meriteranno un supplemento di interventi». Momenti... mentre molti, anche tra i non populisti, stanno pensando solo all'emergenza, come il salvataggio in mare, «cosa lodevolissima, ma non sufficiente. Si deve andare alle cause dell'esodo. Ci vuole una risposta complessa e completa. E qui entra in campo l'Europa, di cui avremo bisogno e che, invece, vive uno stato di crisi profonda». 

Che fare? Pare non manchino le idee, piuttosto la volontà politica di realizzarle. «O si lascia che ognuno pensi per sé o si cerca di spostare la soluzione sul terreno comunitario». Seconda, precisa indicazione: «Schengen non deve essere toccata, è il cuore vero dell'Europa Unita la libera circolazione. Occorre mettere in comune forze ed idee per un controllo rigoroso e comune delle frontiere esterne». 

E qui Raffaelli ha portato all'assemblea una serie di proposte: «Una politica comunitaria dei visti di entrata, il superamento dell'Accordo di Dublino con la redistribuzione proporzionale dei flussi in entrata. Quindi la moltiplicazione dei tentativi, come quello che si sta attuando con la Turchia, di occuparsi di queste masse ancora fuori dall'Europa: con accordi di sostegno economico che prevedano la protezione e il controllo nei campi temporanei ( ndr , altro Paese è il Libano). Infine, si deve pensare a programmi comuni per il rientro di molti di questi immigrati, quando possibile. Si è calcolato che solo il 33% di quelli che vogliono farlo, alla fine possono realizzare il loro intento».

Il rientro? Qui si apre un altro aspetto di questa crisi acuta. «Cosa fare per sanare situazioni che stanno alla base dei flussi migratori: le cosiddette crisi regionali?». Facile no? Diciamo così, all'anglosassone (ma anche i francesi ne sanno qualcosa): basta intervenire militarmente e... «Queste crisi regionali - ha attaccato subito l'ex sottosegretario - non si risolvono solo attraverso mezzi militari». Si vedano le due guerre in Afghanistan, le due in Iraq, la Siria e quindi la Libia. «Io non sono un pacifista integralista e penso che tra gli strumenti di intervento ci sia anche l'elemento militare. ma può avere senso, e giustificazione morale, solo se proporzionato e propedeutico ad una soluzione politica, predisposta prima». A nulla vale prendere su e bombardare le forze di Gheddafi se non sai come gestire il caos che ne scaturisce. «È la politica che è la continuazione della guerra con altri mezzi, questo è il fondamento che sta alla base dell'Europa. Il mezzo militare è stato usato in modo sbagliato, a partire dai tempi dell'attentato alle Torri Gemelle. La guerra globale al terrorismo non ha risolto il problema ma ha disseminato il morbo. La guerra è un meccanismo automatico in zone di sottosviluppo e ingiustizia (guerre interne, guerre civili o tribali). E ogni guerra è focolaio di terrorismo».

La mancanza, dopo la caduta del Muro, di un ordine internazionale riconosciuto, capace di imporsi e il fatto che gli Usa si siano in parte defilati, con Obama, dal piedistallo di superpotenza, hanno portato a questa situazione di stallo e di tutti contro tutti. Il nemico? «Si deve capire l'Islam» sostiene Raffaelli che ha così iniziato una seconda parte della sua conferenza che varrebbe un intero, secondo articolo.

 

Alexander Langer

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